IL BLOG

Perché nasce questo blog?

Oggi il mondo è complesso e brutale, nuove nubi si avvicinano alle nostre vite, spiazzandoci. Le guerre di dominio, mascherate da scontro di civiltà e religioni, prendono spazio nei nostri pensieri, invadono le nostre giornate, cambiano la programmazione del nostro vivere quotidiano. Abbiamo paura. La paura è generata dalla violenza nella quale siamo immersi fin da piccoli. Videogiochi, minacce, stress, mobbing, bullismo, competizione, egoismo; i bambini che vivono nelle nostre società affrontano queste insidie,  interpretano questi comportamenti. E’ ovvio che, pensato in questi termini, il mondo è all’incontrario. Così come è ovvio che le nostre vite non sono sempre o solo l’inferno appena descritto.

Noi ci arrabattiamo in un mondo costruito su valori individuali e non collettivi, sulla competizione piuttosto che sulla collaborazione. A tal proposito, un grande fisico italiano scomparso da poco, Emilio Del Giudice, in una conferenza disse che non possiamo svolgere le nostre competenze in ambito lavorativo se impieghiamo il nostro tempo e le nostre energie a guardarci le spalle. L’esimio scienziato credeva invece che le energie spese per fare in modo che nessuno ci freghi possano essere utilizzate, si badi, in un mondo in cui prevalga la cooperazione anziché l’aggressione, a vantaggio della comunità e del singolo, attuando con fiducia le competenze che ciascuno ha da offrire.

Le stesse considerazioni, anche se in ambiti e con percorsi culturali decisamente diversi, sono state fatte da altri studiosi, per lo più sociologi, antropologi e archeologi.

Secondo questi studiosi, la società in cui viviamo oggi, ha iniziato il suo corso molti anni orsono. Le caratteristiche peculiari di questo mondo hanno una cifra stilistica rappresentata generalmente, come impianto strutturale, dal dominio, dalla competizione e dalla sopraffazione.

Definiamo questo impianto societario androcrazia, cioè dominio del maschio, inteso come costruzione e proliferazione del modello patriarcale. Si badi bene, questo  non vuol dire che la componente maschile della nostra società è costituita da prepotenti o da approfittatori, bensì che l’impianto della nostra società poggia le fondamenta su un concetto di predominio (caratteristico delle società patriarcali) che permea molti aspetti della nostra vita e che nasce in un lontano passato di cui ancora non ci siamo liberati. Quindi si potrebbe dire che questa è quasi una condizione psicologica e  sociale alla quale siamo abituati perché i meccanismi culturali generano reiteratamente questa situazione come se fosse naturale.

Come dicevo, studi che provengono da molte discipline ci insegnano, invece, che la situazione attuale, per quanto radicata, non costituisce l’unico modello possibile. Lo dimostrano gli studi archeologici che hanno portato alla luce civiltà neolitiche basate sulla cooperazione e studi antropologici e di psicologia cognitiva che pongono l’accento su un sistema sociale basato sulla conoscenza del sé e la cura del prossimo.

Queste teorie, soprattutto quelle dell’antropologa statunitense Riane Eisler, ipotizzano la creazione di una società mutuale, cioè una società in cui la cura di sé e del prossimo crea un circolo virtuoso, dove l’interesse di fondo risiede nella collaborazione e nella presa di coscienza del singolo e dello Stato in quanto attori di una collettività interagente. Questo vuol dire che, ad esempio, in ambito lavorativo prevarrebbe una visione collettiva delle problematiche e un’attuazione dei programmi di inclusione; oppure la creazione di politiche di assistenza nonché la nascita di scuole in cui si insegnano l’empatia, la gestione della rabbia, i programmi di auto aiuto e la meditazione. Tutte attività che valorizzano l’armonia del sé e il rapporto con gli altri. Queste peculiarità sono generalmente attribuite alle donne: l’avere cura del neonato o dei genitori anziani, la  mutualità che si ritrova nelle comunità contadine del passato, ecc… Questo non vuol dire che tutte le donne abbiano queste incombenze o le debbano avere o che abbiano queste caratteristiche, così come non vuol dire che un uomo non possa avereli, si ragiona semplicemente per archetipi.

In virtù di ciò che ho appena detto, le donne (o la parte femminile di ogni individuo) hanno il compito morale di portare  avanti questa alternativa e devono essere in grado di conoscere la strada che porta al cambiamento; ciò comprende anche lo studio del passato per una consapevolezza del proprio grandissimo potenziale.

Questo blog, dunque, si concentrerà su un’alternativa, sulla creazione di un nuovo sistema di  valori, diametralmente opposti a quelli che attualmente la nostra società ci offre. Metterà tanti vestiti nuovi alle donne, facendo risaltare la complessità del loro/nostro animo, infondendo fiducia nelle capacità, antiche e moderne, di interpretare la femminilità e la potenza della consapevolezza. Vorrei offrire un caleidoscopio di immagini, attitudini e sfaccettature che compongono il terreno fertile della terza via, la via delle femminile, quella dell’alleanza senza il dominio, della comunanza senza l’invidia, della progettualità senza la gerarchia.

Un sistema di valori che si scorge nella sempre più abbondante nascita di cerchi femminili, gruppi creativi di vedove, imprenditoria collettiva; un nuovo metodo di approccio alla storia attraverso l’organizzazione di convegni sul matriarcato e sull’origine del concetto di prendersi cura; oppure la creazione della rete di donne che valorizzano il ruolo dell’allattamento come bisogno primario della madre e del bambino.